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La Panoramica Zegna: la strada che ha salvato la montagna

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Ci sono uomini che piantano alberi. Ci sono uomini che aprono vie. Ermenegildo Zegna ha fatto entrambe le cose.

La “Panoramica Zegna”, quel percorso che si snoda sulla spettacolare balconata delle montagne biellesi, è manufatto e simbolo.

È un’opera di ingegneria e, soprattutto, di architettura, perché la struttura viaria non è elemento a sé stante, bensì integrato armonicamente nel paesaggio.

Tant’è che, contrariamente ad altri impianti stradali, non deturpa, non stravolge. Neppure si vede. La “Panoramica” si intuisce seguendo i punti che tocca, ma si distende seguendo la conformazione del suolo: nessun viadotto, nessuna sporgenza, nessuna volontà di segnalarsi. La “Panoramica” è tale perché serve per vedere, non per essere vista.

La strada che Ermenegildo Zegna ha costruito e che i suoi figli hanno compiuto ha rappresentato non tanto la realizzazione del sogno di un individuo visionario, quanto piuttosto l’occasione di sviluppare opportunità alternative e possibilità concrete.

L’idea nacque in un contesto storico improntato all’autarchia e condizionato dalla ricerca di risorse nuove, ma prossime. Un “chilometri zero” più obbligato che scelto. La strada della montagna doveva consentire di accedere a porzioni di territorio che dovevano essere recuperate e (ri)messe a reddito.

 

E non tanto per incrementare il profitto dell’azienda, quanto per contribuire al sostentamento della comunità. Occorreva investire privatamente (e lì poteva farlo solo Ermenegildo Zegna) per ricavare collettivamente.

Appena finita l’ultima guerra il cantiere della “Panoramica” si rivelò ancora di più una leva vantaggiosa. Molti triveresi, ai quali il lanificio indebolito dal recente conflitto non avrebbe potuto garantire un lavoro, furono impiegati nella costruzione della strada.

La “Monte Rubello”, ossia la società che si occupava di far progredire la “Panoramica”, assorbì una parte consistente di quella manodopera in esubero. Non fu un periodo facile e neppure indolore, ma in tempi duri, come si suol dire, piuttosto di niente, è meglio piuttosto. Anche in questo si denota la creatività dell’imprenditore e la flessibilità delle sue maestranze. Si vedono all’opera alcuni di quei tessitori riqualificati nei quadri di Ettore Pistoletto Olivero.

Poi quel contesto è mutato. La montagna continuava a costituire una grande sfida, ma con altre caratteristiche. Il paesaggio diventava strategico in chiave turistica e lo “scopo sociale” di quella grande impresa che si chiama “Panoramica Zegna” è cambiato.

A dire il vero non poi così tanto, perché fin dall’inizio il conte di Monte Rubello non puntò mai solo al buono, ma cercò sempre di connotarlo con il bello. Ma finite le difficoltà degli anni Trenta e Quaranta, la ricostruzione e il boom economico offrivano altre opzioni dove i rimboschimenti e le piantumazioni floreali assumevano altri significati.

In quel momento, negli anni Cinquanta e Sessanta, potevano concretizzarsi altri sogni, come Bielmonte.

Ma proprio per questo, soprattutto per questo, la montagna doveva essere salvaguardata. Quella strada in mezzo agli alberi è l’albero di trasmissione di tutto il “pensiero verde” di Ermenegildo Zegna. Si tratta di una “fabbrica ecologica” che tuttora rigenera quel pensiero, trasmettendo energia green e moto virtuoso all’Oasi Zegna, e a tutto il suo piccolo universo.

La “Panoramica” ha salvato la montagna biellese, dal Sessera alla Serra, perché l’ha resa raggiungibile e percorribile. Perché ha permesso che il Biellese interagisse con una vasta area altrimenti destinata a restare brulla o incolta, e non per questo migliore.

L’impatto antropico è tuttora minimo, non destinato ad aumentare, e quanto era giustamente selvaggio è rimasto tale, anzi. Ed è stato protetto.

Oltre la “Panoramica” e proprio perché esiste la “Panoramica” a fare da soglia, si estende un vasto territorio incontaminato e vigilato.

La “Panoramica” è il simbolo della consapevolezza. Quella di Ermenegildo Zegna di non essere uno straordinario fenomeno estemporaneo rispetto alla realtà e alla storia del Biellese. Quella strada era ed è una strofa che mancava alla poesia.

Non solo fisicamente apre prospettive e chiude un cerchio. Ma concettualmente dimostra l’appartenenza a una corrente, a un flusso. Ermenegildo Zegna si sovrapponeva consapevolmente a Federico Rosazza, ne continuava il canto aggiungendo i suoi versi, e altri hanno ricevuto il testimone, ossia la penna, per lasciare il loro segno.

La “Panoramica Zegna” è un segno curvilineo sul terreno, tra poggi esposti e valli profonde, ma lo sguardo da lassù spazia dritto e senza ostacoli, ampio quanto mai, e panoramico.

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