L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies) è il titolo, ispirato al codice identificativo del DNA dell’abete rosso (Picea abies), che dà il nome alla mostra di Emilio Vavarella a Casa Zegna, nuova tappa del suo percorso di ricerca artistica. Il nuovo lavoro di Vavarella – artista interdisciplinare e ricercatore presso la Harvard University, dove sta conseguendo un dottorato in Film, Visual Studies e Critical Media Practice – nasce dall’invito di Fondazione Zegna, sempre pronta ad aprirsi alle ricerche contemporanee e a dare spazio a talenti emergenti.
La mostra indaga le attività produttive del Gruppo Zegna e il contesto geografico della Fondazione e dell’Oasi Zegna attraverso un progetto che mette in dialogo la storia del luogo e dell’azienda, la digitalizzazione delle tecniche di tessitura contemporanea e la biologia.
Per il progetto, Emilio Vavarella ha utilizzato diversi tipi di tessuti. Prima di tutto la collezione di tessuti BielMonte™ prodotti dal Lanificio Ermenegildo Zegna con 100% lane autoctone provenienti da greggi che pascolano nell’ Oasi Zegna e impreziositi da una ricamatrice di “mending for good”, la piattaforma che valorizza l’artigianato tessile di eccellenza ridando vita agli scarti di produzione dei brand della moda.
Il progetto ha anche coinvolto la celebre manifattura tessile BONOTTO, azienda che fa parte della Textile Luxury Laboratory Platform del Gruppo Zegna, che unisce la dimensione creativa e sperimentale alla cultura della produzione artigianale e delle tecniche tradizionali. I filati sintetici 100% riciclati, intrecciati da un telaio jacquard gobelin, hanno dato vita ad un grande arazzo (320 x 140 cm), cuore visivo del progetto.
Infine, le tele in lino e lana tessute a mano nel laboratorio di Tessitura di San Patrignano hanno consentito all’artista di fissare un design digitale su una trama e un ordito particolarmente materici.
La stessa elaborazione grafica del codice genetico dell’abete si ritrova nella serie di lastre di alluminio stampate con tecnica di sublimazione.
L’artista – che arriva da un precedente progetto, The Other Shapes of Me, in cui racconta come la specificità di ciascun essere vivente sia legata alla diversa combinazione dei 46 cromosomi del Dna – è rimasto colpito dalla particolare natura dell’Oasi Zegna, in cui vivono 500mila abeti rossi, introdotti ‘artificialmente’ da Ermenegildo Zegna a partire dagli anni ’30, che creano un bosco molto fitto, quasi un tessuto vegetale nato per volontà umana.
Questa suggestione, una foresta costituita da migliaia di variazioni del medesimo codice genetico, un paesaggio al contempo naturale e artificiale, ha spinto Vavarella a partire dal sequenziamento del DNA di un abete rosso per poterlo rappresentare nello spazio attraverso la tessitura, centrale nelle attività e nella storia dell’azienda. La simbiosi tra informazione e rappresentazione caratteristica del DNA e dei tessuti porta l’artista a trasferire il codice dell’abete rosso in diverse forme materiali create con tecniche e tecnologie diverse, dalla stampa su tessuto al ricamo fino all’arazzo.
Attraverso la trasposizione della realtà in tessiture di codice, L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies) evoca efficacemente il tema della memoria contemporanea e del nostro rapporto con la tecnologia e la natura (resa presente dalla radice presentata a parete), attraverso l’incontro con le innovazioni tecnologiche, parte di un processo creativo in cui le componenti emozionali e gli elementi randomici interagiscono con la scientificità della tecnologia. L’altra forma delle cose diventa un’esperienza intima e appassionante.
- INFO MOSTRA
Casa Zegna, via G. Marconi 23, Trivero Valdilana
Inaugurazione: domenica 22 maggio
Apertura: tutte le domeniche dal 22 maggio al 13 novembre, dalle 11 alle 17.
Aperture straordinarie: 28 maggio, 4 giugno. Sabato 18 giugno e sabato 2 luglio dalle ore 15 alle 17 in occasione del concerto di Emiliano Toso alla Cascina Caruccia. Ad agosto aperto tutti i giorni. Sabato 8 ottobre (ingresso gratuito per la Giornata del Contemporaneo), sabato 15, 22, 29 ottobre in occasione del foliage autunnale.
Durante gli orari di apertura “MESSAGGI IN CODICE”: esperienza per i bambini di ogni età, per avvicinarci all’affascinante gioco dei “Messaggi in Codice”, in equilibrio continuo tra natura e tecnologia
Tel. 015 7591463, casazegna@fondazionezegna.org
Ingresso: 5 euro.
Un bosco di abeti rossi che soffre perché minacciato da un parassita, un coleottero chiamato bostrico tipografo. L’equilibrio tra uomo e natura che va ristabilito e che diventa paradigma per ragionare di un tema che travalica i confini dell’Oasi Zegna e si allarga all’intero Pianeta, alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici.
L’opera Fading Loss|Cronache dal Bosco che Laura Pugno (vincitrice dell’Italian Council 2019 del Mibact, artista nata a Trivero Valdilana, ma attiva a Torino dove insegna allo Ied) ha allestito a Casa Zegna fino alla fine di ottobre 2021, parla di tutto questo e di molto altro.
Laura Pugno, il titolo del suo lavoro, “Fading Loss”, merita una spiegazione, perché è già di per sé un motivo di una riflessione ambientale.
“Letteralmente significa ‘perdita in dissolvenza’. In questo caso di un paesaggio. Non ce ne stiamo accorgendo, perché si tratta di cambiamenti morbidi, quasi impercettibili, ma è ciò che sta avvenendo in questo bosco che ho preso in esame all’Oasi Zegna. E il processo sarebbe stato irreversibile senza Fondazione Zegna che ha avviato un progetto lungimirante come Zegna Forest, proprio per mettere in sicurezza il proprio patrimonio boschivo”.
Lei è nata a Trivero Valdilanda. Però ha affermato che ‘Fading Loss’ le ha consentito di guardare questi boschi con occhi nuovi.
“È vero. Prima non sapevo del bostrico, non conoscevo questo coleottero che porta gli abeti rossi alla morte. Ho dovuto guardare il mio territorio tenendo presenti queste nuovi informazioni. Si dice spesso che noi vediamo quello che sappiamo”.
Ci fa un esempio?
“Ho sempre pensato che l’oscurità nei boschi fosse un fatto normale. Ma non è così. All’epoca della prima piantumazione, quella di Ermenegildo Zegna, furono scelti alberi della stessa età. Ma in natura il bosco è disomogeneo, ha punti di luce e di ombra, di vuoto e di pieno. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che il paesaggio (concetto diverso da natura) è una costruzione sociale. È la cultura che forma il nostro modo di osservare e di intervenire. Pensiamo solo a quanto sono diversi i canoni tra Oriente e Occidente”.
Qual’è stata la scintilla da cui è nato questo progetto?
“Fino a qualche tempo fa frequentavo di più le terre alte dell’Oasi Zegna. Superavo la fascia degli abeti rossi. Poi sono ritornata nei sentieri più bassi con un andare più lento, mi sono fermata e ho incontrato rami mangiati, alberi senza corteccia. E questo ha cambiato il mio modo di vedere il bosco”.
Com’è avvenuto il contatto con Fondazione Zegna?
“Mi hanno contattato sapendo che lavoro molto sulla percezione visiva del paesaggio. Mi hanno proposto di indagare con un nuovo sguardo questo luogo, a me caro. Non sapevo quello che stava accadendo. Ci sono tornata più volte, forte delle informazioni raccolte grazie ai loro esperti. Ho appreso dell’esistenza del bostrico e ho capito che è un parassita secondario, vale a dire che non è il principale responsabile di quello che avviene nel bosco. Ciò che ha rotto l’equilibrio è il rapporto disarmonico tra l’uomo e la natura, la crisi climatica, l’innalzamento delle temperatura che favorisce il riprodursi di questo coleottero. Questo mette in crisi gli alberi e li rende vulnerabili”.
Spieghiamo a chi vuole venire a visitare l’allestimento a Casa Zegna quali sono i nuclei tematici di Fading Loss.
“Il primo lavoro che si incontra è un’enorme tela su cui ho ripercorso i tracciati del bostrico, ho messo in scena i suoi movimenti, le ferite che lascia sui tronchi, anche con l’aiuto di una traccia sonora realizzata con Magda Drozd. Nel secondo nucleo ho creato un’installazione che mette in dialogo il legno come manufatto umano e il legno come materiale naturale per sottolineare l’equilibrio tra uomo e natura che oggi è messo in discussione. Poi si entra nell’installazione e ci si trova davanti una parete di felci che ospita “Last Image”, fotografie realizzate con la tecnica del foro stenopeico che mostrano, appunto, l’ultima immagine vista dall’albero morente che voluto personificare per averne un ricordo, il suo punto di vista. L’ultimo lavoro è realizzato con i carboncini. Apparentemente sono classici disegni di paesaggio. In realtà il vero soggetto è quello che si vede solo avvicinandosi: grafici scientifici che mostrano gli effetti del cambiamento climatico. I carboncini sono fatti con rami di potatura di alberi dell’Oasi Zegna. Ho usato tutte le qualità di legno del territorio per ottenere un insieme corale di tonalità che attira lo spettatore e lo conduce all’osservazione dei dati. E a questo riguardo, mi piace sottolineare che il cambiamento climatico è un processo naturale. Quello che è destabilizzante per noi è il grado di accelerazione impressa dall’uomo”.