La Fondazione Zegna è stata creata dalla nostra famiglia nel 2000 per dare continuità ai valori che discendono dal pensiero di Ermenegildo Zegna. In questo anniversario, ci sembra doveroso rivolgere a lui il nostro pensiero.
Il nonno si spense il 18 novembre 1966. Era nato il 2 gennaio 1892 nello stesso paese, Trivero, in cui trascorse tutta la sua vita e dove dispose di essere sepolto. Nel libro “Oltre l’orizzonte” Piero Chiara lo ricorda con queste parole:
Ermenegildo Zegna sapeva di meritare la riconoscenza del paese. Gli bastava guardare quel che era diventato Trivero con la distesa dei suoi stabilimenti e alzare lo sguardo alla Panoramica, per sentire il giusto orgoglio di una vita bene spesa. Aveva avuto tempo per tutto: per la produzione e per la distribuzione del suo prodotto su scala mondiale, per la sistemazione della sua gente in un organico complesso di lavoro e di vita civile, per la valorizzazione dell’ambiente naturale che lo circondava. Il 18 novembre 1966, a settantaquattro anni d’età, chiudeva la sua laboriosa giornata.
(Piero Chiara, Oltre l’orizzonte, edizioni Lassù gli Ultimi, 1985)
La ricerca d’archivio ci permette però di ricostruire l’immagine del monsù Gildo, come veniva familiarmente chiamato il Conte di Monte Rubello di Trivero, anche in un altro modo: rileggere a mezzo secolo di distanza i messaggi di cordoglio che giunsero ai congiunti in occasione della morte.
Danilo Craveia, consulente tecnico dell’Archivio Zegna, ne ha svolto una precisa ricostruzione:
<< Al di là delle frasi di circostanza e delle formule rituali, in alcuni di essi si possono cogliere le tracce di impressioni personali e sincere, scritte di getto da amici, parenti, colleghi e conoscenti presi alla sprovvista da un trapasso inaspettato.
Pochi tratti che consentono di abbozzare un ritratto semplice, ma vivido. Uomini e donne che nel 1966 guidavano il Biellese, il Piemonte e l’Italia, ma anche gente comune, enti e istituzioni d’ogni tipo, si ritrovarono naturalmente e spontaneamente concordi nel definire Ermenegildo Zegna “cuore grande” e “maestro di vita”. Sono proprio queste parole a ricorrere nelle lettere e nei telegrammi, spesso accanto a “esempio” e a un verbo desueto (e non solo nella parlata comune): “concretare”. Per alcuni, come Beppe Mongilardi, Ermenegildo Zegna era un degno figlio del Biellese e altrettanto degno padre dei biellesi.
E non occorre un’analisi approfondita di quelle carte per cogliere la nota di fondo che risuona netta tra le righe: nella morte di Ermenegildo Zegna nessuno vedeva la fine, il termine di un progetto ampio e multiforme che era già stato concepito perché superasse l’individuo e diventasse idea ed eredità per le generazioni a venire. Quelle comunicazioni, quelle laconiche come quelle lunghe, ossequiavano Ermenegildo Zegna, ma spronavano i vivi, ne esaltavano i compiti e le responsabilità. Dolenti ci tenevano che il testimone passasse.
Gli imprenditori che conobbero Ermenegildo Zegna non si fermarono alla testimonianza del dolore, non si limitarono alle condoglianze per la perdita, al contrario si dichiararono ammirati e riconoscenti al cospetto di chi aveva potuto rendere concrete le proprie volontà, di chi aveva inteso porsi traguardi ambiziosi e saputo raggiungerli attraverso difficoltà che il boom economico stava facendo dimenticare in fretta.
Il 22 novembre 1966 il grande sarto e stilista catanese Angelo Litrico, un altro italiano capace, come Ermenegildo Zegna, di conquistare il mondo, scrisse al figlio Aldo:
La notizia della scomparsa del Suo Papà ha commosso tutta l’Italia, dall’industria all’artigiano ed io come tale partecipo al Suo dolore ed al lutto della Famiglia Zegna che è un lutto di noi tutti. Abbiamo perduto un Uomo prezioso e solamente grazie alla continuazione della Sua opera attraverso i Figli possiamo dirci ancora fortunati se la perdita non sarà che un rimpianto per la Persona di cui la bontà e le opere resteranno un segno memorabile nella vita del nostro Paese. Le mie sono espressioni semplici dettate dal cuore di chi si è fatto da solo, ammirando l’opera dei più grandi che tanto hanno fatto anche per noi esecutori materiali di un’opera che cerchiamo di avvicinare all’Arte.
Il giorno prima Francesco Ilorini Mo, fondatore delle Lanerie Agnona, si rivolse così alla contessa Nina:
Ricordarlo insieme è per me un grande desiderio, In mezzo alla confusione delle cose della vita, la sua semplicità supera le cose da lui create. Il suo pensiero è vivo e sempre attuale perché è soprattutto un pensiero di amore, amore che si avvicina alla realtà intima di ogni uomo. Tutto questo è vivo e presente quindi vede che non l’ha lasciata.
Aveva ragione il buon Ilorini: il pensiero è vivo e attuale, e ogni giorno da cinquant’anni ancora si concreta a Trivero e in tutti i continenti, sotto lo sguardo severo e dolce di Ermenegildo Zegna. >>
In questo importante anniversario la nostra famiglia rivolge un sincero ringraziamento a tutti coloro che con il loro operare quotidiano rendono onore alla sua memoria e ai valori che ci ha trasmesso.
Anna Zegna
Presidente Fondazione Zegna