Dare continuità ai valori del fondatore Ermenegildo Zegna è da sempre la missione di Fondazione Zegna che attraverso Casa Zegna promuove progetti culturali e artistici in uno spazio che non è solo archivio storico del Gruppo ma anche un centro polifunzionale che quest’anno apre la stagione in occasione delle Giornate FAI di Primavera con un’opera inedita di Laura Pugno.
Da sempre interessata alla percezione visiva del paesaggio, l’artista presenta a Casa Zegna una multi-installazione che crea una visione alternativa e investiga le molteplici relazioni che vi sono tra l’essere umano e la natura. Le opere emergono dall’osservazione di un bosco di conifere che soffre, di un coleottero (il Bostrico Tipografo) e delle sue tracce. Piccoli segnali che rimandano a macroscopici ed inesorabili cambiamenti nell’ordine della Natura.
La relazione che abbiamo con il paesaggio – natura sottoposta all’azione dell’uomo – è di cura reciproca. I boschi, come tutto ciò che vive, si possono ammalare: un innalzamento della temperatura di due soli gradi rende ad esempio l’Oasi Zegna, la montagna che circonda Trivero Valdilana, vulnerabile e quindi soggetta agli attacchi di insetti che prima, seppur già presenti, non costituivano una minaccia.
La fotografia, il video, la scultura e il disegno sono i modi attraverso i quali Laura Pugno indaga il tema del paesaggio e della sua ricezione, tema principale della sua ricerca artistica.
In questa occasione il bosco dell’Oasi Zegna diventa il punto di vista a partire dal quale raccontarne la storia, ma anche supporto materiale e soggetto. L’abete rosso, le cui qualità sonore sono note ai liutai, è allora trasformato in suono attraverso l’elaborazione di una traccia sonora realizzata con la sound artist Magda Drozd in cui Laura Pugno ha ripercorso con la grafite le ferite inflitte dal bostrico sui tronchi; in carboncino, ottenuto dalla combustione dei suoi rami, con il quale ha tracciato una serie di vedute del bosco partendo da elementi chiave (i segni di tavole scientifiche relative a temperature, Co2, oppure alla vulnerabilità dei disturbi causati dal clima nelle foreste europee, etc.); in camera oscura, diventando l’obiettivo attraverso il quale in un’operazione di autopoiesi, l’abete si ritrae; infine in materiale con cui è costruita la struttura di legno e felce al centro dello spazio espositivo, monumento alla sparizione di un paesaggio, che verrà presto sostituito ad un altro, portatore a sua volta di nuove visioni, emozioni, desideri e memorie.
Una installazione che non si limita agli spazi museali ma che si estende all’Oasi Zegna come luogo ideale per indagare temi ambientali e di conservazione.